Con il credito e gli investimenti in azienda tornano anche i profitti
Primi segnali di ottimismo nel rapporto di Banca d’Italia sull’economia dell’Emilia-Romagna. Recessione ormai alle spalle: più vicini che nel resto d’italia i livelli di Pil e produzione pre crisi. Ancora tossine da smaltire per le costruzioni e le banche
Dopo quattro anni di contrazione ininterrotta i prestiti alle imprese si sono stabilizzati. E anche se permangono molte differenze nell’erogazione dei finanziamenti fra settori produttivi e a seconda delle dimensioni delle aziende, le condizioni di accesso al credito stanno migliorando. Insieme alla crescita della produzione industriale e degli investimenti, è questo uno dei fattori messi in evidenza da Banca d’Italia, nel suo ultimo rapporto sull’economia dell’Emilia-Romagna, a conferma di come la lunga fase di recessione possa ormai essere archiviata nel passato. Per la regione la ripresa iniziata nel 2014 si sta infatti consolidando, con un aumento della produzione dell’industria in senso stretto che nel 2016 ha raggiunto l’1,5% grazie soprattutto alla volata di settori come quello della meccanica – storicamente radicato nelle province di Bologna, Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza -, dei mezzi di trasporto e dell’industria del legno. Che l’Emilia-Romagna stia assumendo il ruolo di locomotiva della ripresa del Paese è dimostrato sia dall’andamento del Pil, che ha quasi completamente assorbito gli effetti della recessione (siamo a -3,7 punti dai livelli pre crisi, contro il -7 dell’Italia) sia dai numeri del fatturato delle imprese, in aumento più della media nazionale. E dopo anni di diminuzione dei margini di redditività, cartina di tornasole della salute delle aziende, il sistema produttivo ricomincia a macinare utili che favoriscono gli investimenti, in crescita del 3,2% e in linea con le previsioni del 2015, sulla scorta di quel nuovo modello di manifattura sintetizzato con l’espressione Industria 4.0 che a partire dal 2011 ha fatto prepotentemente il proprio ingresso nel lessico internazionale delle imprese.
Il rapporto di Banca d’Italia evidenzia infatti come circa la metà delle aziende che compongono il sistema manifatturiero regionale nel 2016 ha sostenuto investimenti in tecnologie avanzate, contro il 46 e il 40%, rispettivamente, dell’area del Nord Est e della media nazionale. A sua volta il comparto turistico, che vale da solo circa 12 miliardi di euro come volume d’affari diretto, ha registrato un incremento dei pernottamenti nelle strutture ricettive, anche per effetto della consistente ripresa delle presenze straniere, che nel 2015 si erano ridotte, con una crescita anche degli introiti da turismo internazionale, aumentati dell’8,2%, vale a dire più della media nazionale. La crisi ha drenato la consistenza dello stock delle imprese, ancora in calo lo scorso anno dello 0,7%, spingendo fuori dal mercato le aziende più vulnerabili e fragili ma contemporaneamente favorendo un aumento del livello medio di solidità economica e finanziaria di quelle rimaste attive. Questo anche grazie alle esportazioni. In una regione storicamente vocata all’export – oltre il 70% della produzione è destinata a soddisfare la domanda proveniente da oltreconfine – il rallentamento dello scorso anno (con una crescita modesta dell’1,5% in termini nominali) non sembra pregiudicare le prospettive per il 2017, anno in cui le imprese prevedono un significativo miglioramento del fatturato generato dalle esportazioni. Ma è sul fronte della redditività che il sistema raggiunge i risultati migliori da dieci anni a questa parte (l’80% delle imprese della regione ha chiuso il bilancio 2016 con un utile d’esercizio), portandosi dietro il consolidamento della stabilità finanziaria, con il livello di indebitamento che resta pressoché invariato o in diminuzione, e con un netto miglioramento delle condizioni di accesso ai finanziamenti offerte dagli istituti bancari. Gli andamenti sono risultati divergenti tra classi dimensionali di impresa, con una selezione tra le aziende con almeno venti addetti – per le quali i prestiti sono aumentati dello 0,5% – e le imprese di minori dimensioni, che continuano a pagare lo scotto di una maggiore fragilità, e per le quali i finanziamenti erogati sono diminuiti del 3,6%. Su questo, fronte per quanto riguarda i settori, il credito a quello dei servizi è rimasto invariato mentre è aumentato quello destinato al manifatturiero (un balzo dell’1,8%), sospinto dall’industria alimentare e da quella dei macchinari. Ancora in flessione invece il credito al settore delle costruzioni, che, seppure in lieve ripresa rispetto agli anni passati, sta pagando un prezzo ancora molto alto alla recessione. Del resto anche il settore bancario continua a soffrire. Il flusso dei nuovi crediti problematici, nota Banca d’Italia, è finalmente diminuito, ma «i bilanci bancari risentono ancora dell’accumulo di prestiti deteriorati avvenuto durante la lunga recessione». Gli istituti, soprattutto i maggiori, hanno risposto riconfigurando la propria rete commerciale. In altre parole tagliando sportelli e riducendo il personale. Ciononostante i prestiti bancari totali a famiglie e imprese sono lievemente aumentati.
Natascia Ronchetti