Nuova legge urbanistica regionale, ultimo duello sul consumo zero
Inizia il dibattito in aula. Regione, imprese e sindacati difendono il principio della flessibilità, della semplificazione e dello sviluppo «moderato». Rigenerazione urbana e riqualificazione edilizia gli obiettivi. Ma le opposizioni vorrebbero il blocco totale delle nuove costruzioni per preservare il territorio vergine.
Per gli oppositori _ estrema sinistra, gran parte dei movimenti ambientalisti, Movimento Cinquestelle e qualche urbanista storico come Pierluigi Cervellati _ siamo alla deregulation selvaggia o giù di lì. Una legge «regressista» che favorisce la «finanziarizzazione immobiliare» e «abbandona il dato sociale». Per la Giunta dell’Emilia-Romagna, che ha appena licenziato il progetto di legge urbanistica regionale, si tratta invece di «un buon punto di sintesi fra sostenibilità e sviluppo», come ha dichiarato l’assessore alla programmazione territoriale Raffaele Donini, «padre» della nuova normativa. Sulla stessa linea tutti i sindacati, l’Istituto nazionale di urbanistica, tutti i comuni, gli ordini professionali e le rappresentanze degli imprenditori, Ance in testa, che hanno discusso il documento per oltre due mesi e alla fine l’hanno approvato nelle sue linee generali. Il principale oggetto del contendere è il consumo di suolo. I contestatori vorrebbero lo stop totale, cioè il consumo zero. La nuova legge riconosce invece una «quota 3%» entro cui saranno concessi interventi «capaci di sostenere lo sviluppo» ma non abitazioni «se non funzionali alla rigenerazione urbana o di edilizia sociale». Tuttavia l’espansione urbana effettiva potrebbe essere superiore, in parte per le deroghe concesse su alcune tipologie di intervento, in parte per i tempi lunghi (3 anni) dell’entrata a regime del vincolo, periodo durante il quale potranno essere completati i progetti pregressi senza incidere sul parametro, in parte, infine, per le possibilità di addensamento edilizio all’interno delle aree giù urbanizzate. Ma ci sono novità anche più rilevanti: un ridisegno delle procedure che, secondo l’assessore, «semplifica e velocizza» gli iter autorizzativi, un approccio ai nuovi progetti edilizi più flessibile, un insieme di incentivi per promuovere rigenerazione urbana e riqualificazione degli edifici. L’idea forza della legge, infatti, è contenere il consumo di aree vergini, in particolare quelle agricole, per incoraggiare invece il riuso di quelle già urbanizzate ma degradate o abbandonate. Su queste idee guida, dice Donini «abbiamo già raggiunto una buona base di consenso». Tuttavia, aggiunge, «abbiamo pensato a tanto ma non pretendo di aver pensato a tutto»; quindi c’è disponibilità a miglioramenti durante la discussione in commissione e poi in assemblea dove la legge è approdata all’inizio di febbraio con l’obiettivo di ottenere l’approvazione definitiva entro l’inizio dell’estate. «Se in consiglio arrivassero buone idee _ aggiunge l’assessore _, soprattutto in merito alle politiche di incentivazione e premialità della rigenerazione urbana, saremmo ben felici di discuterle. Non accetterò invece di riaprire il dibattito sul consumo zero di suolo perché mantenere un 3% di margine allo sviluppo è una scelta politica che confermo e difendo». Le pressioni per eliminare dal testo gli ammorbidimenti e la flessibilità introdotti a seguito delle consultazioni con le parti sociali sono già forti. E le associazioni imprenditoriali temono che facciano breccia in Consiglio. Non si tratta solo di garantire qualche opportunità alle aziende di costruzione, ma anche di assicurare spazi vitali all’industria manifatturiera per ampliamenti dell’esistente o, soprattutto, per nuovi investimenti. «Come abbiamo visto nel caso delle nuove fabbriche di Philip Morris o Lamborghini _ ha dichiarato il presidente di Confindustria regionale Maurizio Marchesini _ non è sempre possibile realizzare grandi investimenti riusando aree già urbanizzate. A volte utilizzare il green field è l’unica opzione per attirare grandi progetti». Donini concorda e si concede una battuta: «Vorrei essere io l’assessore che ammette di aver fallito se fra cinque anni saranno arrivate 150 multinazionali a creare centomila posti di lavoro» ironizza.
Comunque la nuova legge già riduce di due terzi i piani di espansione in essere, cioè taglia di 180 chilometri quadrati il consumo di suolo previsto dalla vecchia legge che consentiva di incrementare dell’11% l’area urbana esistente. E in prospettiva tende al consumo zero entro il 2050. Il tasso di urbanizzazione in regione è cresciuto esponenzialmente negli ultimi cinquant’anni, soprattutto a scapito delle aree agricole, calate del 10%: era il 3% dell’intero territorio negli anni 50, il 4,8% nel ’76, l’8,6% nel 2003 e il 9,3% nel 2008; attualmente è il 10% circa. In base alla legge urbanistica del 2000 la superficie cementificata potrebbe crescere ancora dell’11% circa, vale a dire di altri 257 chilometri quadrati di qui al 2050. Anche se con una demografia stagnante e un mercato fiacco, elevati tassi di invenduto e prezzi in calo (-17% negli ultimi 5 anni), tali numeri sembrano assurdi. L’urbanizzazione passata, per di più, è stata disordinata e socialmente costosa, per un quarto circa fuori dai centri abitati. Per contrastare queste distorsioni la nuova legge adotta una filosofia radicalmente diversa. Più che fissare vincoli rigidi, parametri numerici e obiettivi quantitativi mira infatti a «regolare processi di rinnovamento dei sistemi urbani sempre meno prefigurabili in maniera dettagliata a priori». Ogni rigenerazione o riqualificazione, sostiene la Giunta, deve fare i conti con «una molteplicità di soggetti», vincoli diversi, incertezze di mercato, condizioni di fattibilità e costi imprevisti. Necessita quindi di flessibilità. Addio quindi alla pianificazione a cascata. Un solo piano regionale (Prt), un solo piano per aree vaste (Ptav) e città metropolitana (Ptm), un solo piano per i comuni (Pug) con un Ufficio di Piano cui faranno capo tutte le pratiche edilizie, compresa l’autorizzazione degli interventi ordinari. Le trasformazioni complesse, invece, saranno regolate caso per caso da «accordi operativi», senza parametri edilizi precostituiti. Anche il «parametro 3%» non è rigido. Sono escluse infatti le opere pubbliche, gli ampliamenti di attività produttive esistenti e gli insediamenti strategici, mentre all’interno del vincolo al 3% saranno ammessi soltanto interventi di edilizia sociale o opere in grado di generare sviluppo e attrattività per il territorio. Tutto il resto dell’attività edilizia potrà realizzarsi soltanto nella riqualificazione dell’esistente, in particolare per l’adeguamento sismico e l’efficientamento energetico, oppure nella riutilizzo di aree già urbanizzate. Rigenerazione urbana e riqualificazione edilizia, però, scontano ancora svantaggi competitivi: maggiori costi, difficoltà attuative, incertezze. La legge prevede quindi una serie di incentivi: esonero dal contributo straordinario di urbanizzazione, aumenti della capacità edificatoria, standard urbanistici differenziati, contributi regionali diretti (30 milioni già stanziati), riduzione degli oneri di urbanizzazione in caso di bonifiche, snellimento delle procedure, come per esempio il voto a maggioranza per adeguamenti anti sismici nei condomini.
Massimo Degli Esposti